Chi può fare domanda e come ottenere il rimborso

La TIA, letteralmente tariffa per l’igiene ambientale, è la tassa che ha sostituito in alcuni Comuni la Tarsu, acronimo di tassa sui rifiuti solidi urbani.

Poiché la Tarsu è esplicitamente una tassa, alla stessa non si applica l’Iva (ancora è vigente in alcuni Comuni), altrimenti si finirebbe con il pagare una tassa su un’altra tassa.La Tia, invece, essendo formalmente una “tariffa”, è stata ritenuta dall’Agenzia delle entrate e dai vari Enti gestori (Comuni e società municipalizzate) come un qualsiasi corrispettivo per un servizio con conseguente applicazione dell’Iva. Per l’esazione della Tia, infatti, viene inviata una fattura nella quale, salvo forse qualche eccezione, è stata applicata, almeno fino ad oggi, l’Iva.

La sentenza 238/2009 della Corte Costituzionale ha esplicitamente riconosciuto, dopo che anche la Corte di Cassazione si era pronunciata in tal senso, che la Tia è una tassa e che sulla stessa non deve applicarsi l’Iva. Tuttavia, mentre il giudizio della Corte di Cassazione, per quanto autorevole, si applica solo al caso singolo, il giudizio della Corte Costituzionale ha una portata generale e definitiva: ad esso tutti devono conformarsi. Ecco perché, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, non vi è più alcun dubbio sul diritto al rimborso dell’Iva che è stata erroneamente applicata e versata pagando la Tia.

Per potere esercitare tale diritto bisogna aver conservato la ricevuta dei pagamenti (è bene disporre anche della fattura)effettuati negli ultimi cinque anni. Il diritto al rimborso spetta, infatti, solo per gli ultimi cinque anni. Su quest’aspetto è bene fare una precisazione. Alcune associazioni di consumatori sostengono, ancora oggi, che si ha diritto al rimborso per gli ultimi 10 anni.

Sbagliano. In base all'articolo 1, comma 164, legge 296/2006 (finanziaria 2007) è previsto il termine decadenziale di cinque anni per chiedere il rimborso. Qualcuno potrebbe affermare che provar non nuoce. Non è così. I Comuni e gli Enti per via di questa sentenza della Corte Costituzionale avranno una nuova spesa non preventivata e difficilmente non si informeranno: nella stampa specializzata già è stato affrontato l’argomento e lo stesso ente che associa tutti i Comuni, l’Anci, probabilmente diramerà ogni notizia idonea a ridurre la voragine aperta dalla sentenza. Peraltro, la richiesta oltre i cinque anni potrebbe essere una buona ragione, in sede contenziosa per compensare le spese legali, con la conseguenza che richiedendo il rimborso per 10 anni, si otterrebbero, comunque, solo gli ultimi cinque anni, ma si dovrebbero sostenere le spese per onorari, bolli, cancelleria, raccomandate, ecc,